La migrazione verso l’online banking era già in corso, la pandemia è stata solo un boost: con la COVID-19, però, è arrivata un’impennata non solo delle attività per l’utilizzo dei servizi di home banking, ma anche dei cyber attacchi indirizzati verso queste organizzazioni e i rispettivi account dei clienti (+238% rispetto all’anno scorso).
Questo è più che un campanello d’allarme, perché di fronte a numeri del genere banche e istituiti finanziari non possono chiudere un occhio.
La cyber resilience deve essere in cima alla lista delle priorità per tutti gli operatori del settore, senza eccezioni, così come la capacità di rispondere rapidamente e contestualmente a ogni tipo di attacco.
Ma quali sono le principali tecniche utilizzate per attaccare e quali i rischi – interni e non – che mettono a rischio l’integrità, la disponibilità e la confidenzialità dei dati?
Indice degli argomenti
Online banking e cyber attacchi: come gli APT spostano gli equilibri
In cima alla lista dobbiamo necessariamente mettere gli APT o Advanced Persistent Threat sponsorizzati da Stati e Nazioni “canaglia”.
Anche se ogni tanto potrebbe farci piacere pensare ai criminal hacker come quelle figure incappucciate che operano in solitudine da qualche scantinato, la realtà è che il cyber crime è stato da tempo “armato”; tanto che la stessa NATO lo ha definito la “quinta dimensione bellica”.
Internet ormai gioca un ruolo cruciale nella stabilità e nell’organizzazione di qualsiasi Stato moderno; un cyber attacco contro banche, borse o altre istituzioni finanziarie potrebbe essere devastante.
Ma in altri casi – e qui la Corea del Nord è specializzata – i governi potrebbero semplicemente arruolare gruppi di esperti criminal hacker, appunto gli APT, per riempire le proprie casse attaccando banche straniere.
Online banking e cyber attacchi: credenziali e identità digitale a rischio
Tornando a parlare prettamente delle tecniche più utilizzate per attaccare banche e istituti di credito non possiamo non parlare dell’account takeover.
Grazie a questa tecnica i criminal hacker sono in grado di accedere all’account della vittima prescelta e “chiuderla fuori” cambiando le credenziali di accesso.
L’ATO (abbreviazione di Account TakeOver) è a sua volta frutto di credential stuffing, l’attacco – spesso automatizzato – in cui il criminal hacker utilizza varie combinazioni di e-mail e password, recuperate tramite database di data leak e data breach, per cercare di violare l’account che ha preso di mira.
Oltre ad utilizzare questa tecnica per prendere il controllo di account di on-line banking, i criminal hacker la utilizzano per il furto d’identità – spesso favorito dal fatto che una volta indovinata la combinazione “magica” di e-mail e password si riesce ad accedere a più account della vittima (considerata la brutta abitudine di riciclare queste credenziali).
Questo metodo può essere utilizzato sia per violare gli account dei clienti sia per prendere il controllo di quelli dei dipendenti e dare inizio ad attacchi cyber più devastanti (come ransomware).
Un altro modo per portare violare gli account di on-line banking è l’evergreen del phishing.
“Il tuo account è stato compromesso” o “Aggiorna la tua password”, e-mail classiche di phishing dove la vittima viene ingannata a cliccare su un link che è stato appositamente progettato dagli aggressori per raccogliere le credenziali che vengono inserite.
Anche in questo caso l’arma può essere però rivolta direttamente agli impiegati e ai funzionari delle banche – ovviamente con oggetti diversi – con l’obiettivo sempre di ottenere un punto d’appoggio per violazioni più “consistenti”.
Escalation di ransomware, data manipulation e terze parti
Se attacchi come il phishing e l’account takeover possono accadere frequentemente e comportare non pochi grattacapi, presi singolarmente non sono paragonabili in termini di danni al “principe” dei malware, il ransomware (anche se spesso questi sono utilizzati come tramite per il secondo).
Con la sua abilità di criptare i dati di un’intera infrastruttura, il ransomware è in grado di portare ad uno stop completo intere aziende e organizzazioni; e le banche non sono escluse.
Meno di un mese fa, per esempio, BancoEstado, la principale banca cilena è stata obbligata a chiudere tutte le sue filiali a seguito proprio di un attacco ransomware.
Ma quando i criminal hacker riescono a trovare la strada all’interno di un sistema non si limitano unicamente a portare attacchi come il ransomware, possono essere anche molto meno “rumorosi”.
Possono infatti, semplicemente, effettuare manipolazioni di dati in grado di non essere rilevate immediatamente.
Visto che al momento nulla appare come “rubato”, queste modifiche possono passare inosservate per mesi. Ma quando i criminal hacker hanno accesso agli algoritmi possono manipolarli per i propri guadagni.
Non vanno neppure dimenticati i rischi derivanti dall’ecosistema. Anche se gli istituti di credito e le banche si dotano degli ultimi ritrovati in termini di sicurezza informatica, ci sarà sempre un fornitore o un partner non perfettamente allineato.
Questa mancanza di allineamento potrebbe fornire ai criminal hacker il punto d’ingresso necessario per “bucare” il loro obiettivo.
Cloud e insider threat: nuove e vecchie minacce
Il cloud è parte del mondo 4.0, ma non per questo significa che sia esente dai rischi.
Una configurazione errata, delle credenziali violate… errori che potrebbero portare alla compromissione di database e informazioni sensibili.
A questo dobbiamo aggiungere la minaccia degli Insider Threat: sia quegli impiegati che agiscono direttamente contro gli interessi dell’azienda sia i semplici errori di procedure o simili che possono capitare durante le operazioni di tutti i giorni. Anche solo un dipendente che clicca su un e-mail di phishing può essere considerato un’insider threat.
Online banking e cyber attacchi: come proteggersi
Di fronte a un panorama di minacce così ampio, non esiste semplicemente la soluzione “cerotto”.
È necessaria una doppia azione sul fronte tecnologico e sul fronte umano per assicurarsi la tenuta del cyber security framework.
Il primo passo è necessariamente quello di comprendere il livello di rischio potenziale a cui potrebbero essere esposti i nostri sistemi.
L’attività di Risk analysis è la pietra fondante di ogni cyber security framework di successo, ma non è sempre facile effettuarla correttamente e in maniera esaustiva se non si hanno a disposizione i giusti strumenti.
Per ottenere la visione d’insieme più completa ed esauriente su tutte le possibilità vulnerabilità, quindi, si rendono indispensabili i seguenti strumenti:
- penetration test: questo esamina i punti deboli relativi ad una infrastruttura IT aziendale e, dopo averli scoperti, prova ad exploitarli in maniera sicura e controllata. Un penetration test si spinge il più a fondo possibile nell’infrastruttura IT aziendale per arrivare agli asset elettronici di una azienda. L’obiettivo non è quello di colpire duramente il bersaglio al primo tentativo, ma è quelli di colpire anche più duramente nei tentativi seguenti così da esplorare tutti i possibili scenari a cui possono essere soggette le aziende;
- vulnerability assessment: si tratta di un’analisi di sicurezza che ha l’obiettivo di identificare tutti le vulnerabilità potenziali dei sistemi e delle applicazioni. Come? Spottando e valutando il danno potenziale che l’eventuale “attaccante” può infliggere all’unità produttiva attraverso tools altamente automatizzati in una prima fase, per poi avvalersi delle competenze di un personale altamente qualificato che, in un secondo momento, integra e verifica i risultati attraverso una meticolosa attività manuale. Queste attività hanno lo scopo di rifinire la ricerca evidenziando eventuali errori commessi durante il processo;
- network scan: Si tratta di uno scan specifico e dettagliato che analizza l’IP di un network in modo da identificare le sue vulnerabilità e i suoi punti deboli. Questo strumento può essere usato da chiunque, che sia una multinazionale con centinaia e centinaia di computer o che sia una piccola compagnia con un network di soli pochi dispositivi;
- Cyber Threat Intelligence: l’attività viene effettuata attraverso un processo di ricerca, individuazione e selezione delle informazioni disponibili pubblicamente con OSINT/CLOSINT a livello di: target; asset digitali; IP; e-mail e informazioni relative ai dipendenti di un’azienda. Lo scopo? L’obiettivo è quello di fornire una “actionable intelligence”, ovvero un’informazione analizzata, contestualizzata, tempestiva, accurata, rilevante e predittiva al fine di determinare l’eventuale esposizione ai rischi della cyber security.
In concomitanza con l’analisi del rischio un intervento comprensivo deve essere effettuato sull’altra parte più critica di un sistema: il fattore umano.
Qui l’azione deve essere duplice, dobbiamo lavorare sulla generale awareness dei dipendenti nei confronti delle minacce più comuni e al contempo dobbiamo integrare le loro conoscenza attraverso attività di formazione mirata al perfezionamento.
Una delle metodologie migliori per fare una sintesi di queste due attività è quella di usare un servizio di Phishing Simulation Attack.
Le soluzioni di Phishing Simulation Attack permettono alle aziende e alle amministrazioni di contrastare questo fenomeno attraverso un test dello human factor e garantendo anche una efficace attività di training e awareness.
Il servizio adotta lo stesso modello di un attacco standard (di fatto simulandolo) permettendo di misurare il livello di esposizione al rischio phishing aziendale e al contempo effettua una attività di formazione e awareness efficace dei dipendenti.
È riduttivo sottolinearlo, ma anche le misure più efficaci di cyber difesa si possono rivelare inutili se in azienda le persone continuano a cadere vittima di questi inganni.
Sfortunatamente non è pensabile ipotizzare uno scenario in cui il cyber crime non rappresenti un problema per le istituzioni finanziarie, ma un cyber security framework solido può ridurre enormemente il rischio.
Non abbassiamo la guardia.