LA GUIDA PRATICA

Social engineering e human hacking: le tecniche di attacco computer based

Le tecniche di attacco di social engineering e human hacking di tipo computer based presuppongono l’utilizzo, sia da parte della vittima che dell’attaccante, di strumenti e mezzi informatici. Impariamo a conoscerle per sapere come affrontare il nostro nemico

Pubblicato il 27 Giu 2019

Manuela Sforza

Cyber Security Analyst

Social engineering human hacking computer based la guida

Tra le varie tecniche di attacco di social engineering e human hacking, quelle cosiddette computer based presuppongono l’utilizzo, sia da parte della vittima che dell’attaccante, di strumenti e mezzi informatici.

La fattispecie criminologica vanta un considerevole repertorio di vettori malevoli, il cui confezionamento presuppone skill di medio e alto livello, che possono essere distribuiti attraverso il cyberspace: keylogger, spyware, virus, worm, trojan e backdoor, tanto per fare qualche esempio.

La qualità “computer based” appartiene, pertanto, sia al vettore veicolato, sia al mezzo impiegato per distribuirlo.

Social engineering e human hacking: il vettore di attacco computer based

Una volta raccolte le informazioni sulla vittima e costruito uno scenario credibile, il social engineer confeziona “l’arma” che ritiene più idonea a raggiungere l’obiettivo.

Il più delle volte non dovrà “sporcarsi le mani”: esistono tool gratuiti e di facile reperibilità in grado di generare payload (cioè carichi eseguibili) dannosi per tutti i sistemi operativi (Veil, Fat Rat, Empire, Zlogger, LaZagne sono solo alcuni esempi), senza richiedere all’utilizzatore competenze di programmazione.

Dopo aver effettuato il download dell’eseguibile, quest’ultimo viene di solito iniettato in uno script insieme al contenuto legittimo e, con qualche semplice escamotage tecnico, la finestra di esecuzione della riga di comando viene nascosta, l’estensione e l’icona vengono camuffate e il vettore è pronto per la fase di delivery.

Per quanto concerne le tecniche di «consegna», possiamo riportare[1] una prima classificazione distinguendo:

  • finestre di popup;
  • hoax letter (messaggi burla), applicativi che avvisano della presenza di virus;
  • chain letter (le catene di Sant’Antonio);
  • messaggeria istantanea;
  • mail spam (o malspam), spesso inviate unitamente a vettori malevoli;
  • attività di phishing.

La creazione del vettore di attacco e la scelta del metodo di delivery costituiscono la parte esecutiva del pretext pianificato.

I diversi metodi di distribuzione, inoltre, possono presupporre un substrato operativo preliminare, da preparare con attenzione, come ad esempio le preventive attività di clonazione di pagine di login di siti Web legittimi e di camuffamento di URL, che possono essere eseguite attraverso metodi manuali oppure tramite tool automatizzati (come SET, Social Engineering Toolkit o SPF, SpeedPhish Framework).

Esistono inoltre tool omnicomprensivi, come ad esempio Beef, in grado di iniettare nella macchina della vittima falsi prompt di login, false finestre di update di applicazioni comuni (come Adobe Flash) o di inviare all’attaccante screenshot dal desktop della vittima inconsapevole.

Per essere “agganciati” dall’amo di Beef basta atterrare su un sito compromesso (o cliccare su una URL) in cui sia latente lo script che, una volta eseguito, risulti in grado di instaurare una sessione, consegnando la macchina della vittima all’attaccante.

A questo punto, con intuitivi comandi da interfaccia grafica è possibile condurre attacchi di social engineering tecnicamente perfetti.

Social engineering e human hacking: i metodi di distribuzione computer based

Ma analizziamo nel dettaglio i singoli metodi di distribuzione.

Le finestre di popup

Sono dei messaggi che compaiono sul sistema della vittima, generati da software scaricato o da codice eseguito dal browser (lato client), che invitano l’utente a compiere un’azione particolare, come cliccare sul link, in seguito ad un (falso) problema rilevato (ad esempio un virus, il difetto di una configurazione di sistema, l’interruzione della connessione di rete ecc.).

Questa tecnica sfrutta il carattere user-friendly dei moderni sistemi operativi che spesso davvero coinvolgono l’utilizzatore finale in operazioni guidate di soluzione dei problemi: se la vittima non è particolarmente formata può facilmente confondersi, cliccare sul bottone suggerito dal pop up ed eseguire il vettore malevolo, spesso un virus, un keylogger o una backdoor.

Hoax Letter

I messaggi burla, assimilabili per certi aspetti alle finestre pop-up, possono assumere anche le vesti di messaggeria istantanea. Attraverso questi “alert”, l’ingegnere sociale intende generare nella vittima la percezione di una situazione di pericolo e, sulla base di essa, spingerla all’azione “risolutiva”, come ad esempio quella di scaricare una (falsa) applicazione antivirus, per proteggere il sistema.

Chain letter

Questo tipo di esca emula il fenomeno sociale della “catena di sant’Antonio” e di solito tende a sfruttare la “tara” utilitaristica, tipica della natura umana, da sempre portata a perseguire l’utile e ad evitare il dolore (secondo il noto meccanismo premi-punizioni).

L’attaccante infatti notifica alla vittima di aver vinto un premio cui potrà accedere cliccando su un certo bottone, oppure sul link indicato, ovvero inoltrando il messaggio ad un certo numero di persone a lei collegate, aumentando così il potenziale impatto della diffusione del mezzo tecnico scelto a scopo malevolo.

Messaggeria istantanea

Quello delle chat, molto in voga e di moda al momento attuale, è un diverso canale attraverso il quale l’attaccante può decidere, a seconda del pretext pianificato, di instaurare una relazione con la vittima.

L’ambiente virtuale di messaggeria istantanea facilita l’autoreferenzialità, la percezione della zona di comfort e può essere frequentato dall’attaccante per una pluralità di scopi: per ottenere informazioni di contesto (fase di information gathering), per stabilire un rapporto e un contatto con la vittima e, infine, per distribuire il vettore di attacco (fase di delivering-exploit).

Spam mail

La posta elettronica costituisce uno dei tanti canali umani di apertura verso il mondo esterno.

Proprio in virtù di questo, può essere oggetto di centinaia, migliaia di comunicazioni non volute e non sollecitate tra cui, sicuramente, mail con finalità e contenuti suscettibili di creare un qualche danno.

Il phishing, dal canto suo e come vedremo tra poco, non è che una sottocategoria di mail non sollecitate, aventi proprio la caratteristica di veicolare un vettore di attacco.

Phishing

Le tecniche ricondotte sotto il nome di “phishing” fanno riferimento all’invio (tipicamente massivo, come una grossolana rete di pescatori, da cui il nome) di mail contenenti un certo vettore di attacco, tipicamente allo scopo di installare spyware, backdoor o altro software dannoso così da ottenere informazioni (anche sotto forma di credenziali di autenticazione), spesso facendo atterrare l’utente su una falsa piattaforma Web (di cui l’attaccante ha abilmente provveduto a clonare il front-end).

La mail di phishing è così emblematica nel suo esemplificare l’archetipo manipolatorio, da essere spesso identificata con le tecniche di Social Engineering tout court; essa presuppone quella minuziosa attività di reperimento delle informazioni rilevanti, la messa in scena dello scenario credibile, fatto dei dettagli ricavati e alla fine appare come inviata da un mittente legittimo; il potenziale di ingegneria sociale è così evidente che il tasso di efficacia è massimo e un’altissima percentuale di destinatari cade nel tranello, clicca sul link o attiva, in un qualsiasi modo indotto dall’attaccante, la fase di exploit.

Dal rapporto ENISA Threat Landscape 2018, si evince come il phishing costituisca una vera e propria piaga sociale: il 75% degli Stati membri dell’UE ha denunciato casi di phishing (e ricordiamo che quelli denunziati sono sempre in un numero minore dei casi reali).

Oltre il 90% delle infezioni da malware e il 72% delle violazioni dei dati nelle organizzazioni derivano da attacchi di phishing.

Le tipologie di phishing

La categoria del phishing può essere, sempre a scopo topologico, ulteriormente raffinata nelle seguenti sottocategorie:

  • spear phishing: sono chiamati così gli attacchi di phishing non generalizzati (come i classici) ma diretti a colpire un individuo o piccoli gruppi in particolare;
  • whaling: anche qui, il target è circoscritto, in particolare, ai soggetti con alto profilo esecutivo (CEO, CFO ecc.). Siccome le informazioni e gli asset cui hanno accesso questi soggetti sono strategici, un vettore di attacco frequentemente veicolato è il ransomware, cioè un malware in grado di criptare le risorse informative allo scopo di ottenere un riscatto, che presumibilmente questi soggetti apicali, esposti a forti impatti economici e reputazionali, saranno disposti a pagare .Nonostante la statistica di ENISA lo osservi in calo del 2,8% dal 2017 al 2018, il ransomware continua a prendere di mira informazioni strategiche e dati personali (PII) (36%) e rappresenta la causa del 64% dei principali incidenti che riguardano reti aziendali, una problematica molto attuale nell’era del GDPR;
  • pharming: è quella particolare tipologia di phishing che ha l’obiettivo di veicolare l’utente su un sito fake, appositamente confezionato dall’attaccante come identico a quello legittimo, allo scopo di violarne le credenziali di autenticazione. È molto utilizzato per ottenere illecitamente le informazioni di connessione ai server bancari. Tipicamente il codice malevolo iniettato nella macchina della vittima esegue l’avvelenamento della cache DNS (oppure del file host che, in contesti meno strutturati, ha la stessa funzione del DNS), in modo che, digitando il nome del sito legittimo, venga invece mappato dal DNS l’IP del server contenente il falso frontend;
  • spimming: è la variante del phishing (SPam over Instant Messagging) che utilizza le chat e le piattaforme di messaggeria istantanea per veicolare contenuto malevolo e rubare credenziali.

Tendenze evolutive del phishing

L’ ENISA Threat Landscape 2018 traccia alcune interessanti tendenze evolutive del fenomeno del phishing:

gli attacchi di phishing diventano sempre più mirati. Mentre esiste ancora il tradizionale phishing generalizzato, il numero di attacchi di spear phishing (e di whaling, come vedremo più avanti) continua a crescere. È stato rilevato inoltre un circolo vizioso (o virtuoso per gli attaccanti) in base al quale il numero sempre maggiore di dati personali compromessi offre più opportunità ai phisher di condurre campagne convincenti e mirate su gruppi circoscritti. I gruppi criminali organizzati si rivolgono anche a individui ricchi, persone con accesso a conti finanziari o dati aziendali sensibili o persino a autorità pubbliche che gestiscono dati PII (obiettivo economicamente desiderabile nell’era del GDPR);

  • il passaggio da obiettivi consumer ad obiettivi Enterprise. Questo significativo cambiamento nelle motivazioni degli attaccanti è guidato dalla logica del profitto poiché i dati aziendali possono essere sfruttati in modi molteplici e più proficui rispetto ai dati dei consumatori (ad esempio estorsione, vendita di dati nei mercati sotterranei ecc.);
  • la crescita costante negli attacchi di phishing mobile. Gli attacchi di phishing sui dispositivi mobili aumentano in media dell’85% anno su anno dal 2011. I dispositivi mobili offrono ai cyber criminali l’opportunità di utilizzare più vettori di attacco: SMS, messaggistica mobile (WhatsApp, Facebook Messenger) ecc.;
  • il rapido aumento dei siti di phishing tramite HTTPS: un terzo dei siti Web di phishing è migrato su protocollo HTTPS durante il 2017 rispetto al 5% del 2016. I phisher utilizzano servizi certificati gratuiti (ad esempio, Encrypt171 o Comodo172) per mettere in discussione l’idea di senso comune secondo cui i siti che utilizzano HTTPS siano sicuri e affidabili;
  • il problema del Whaling e del Business Email Compromise (BEC). Da ottobre 2013 a maggio 2018, 78.000 attacchi BEC, segnalati in tutto il mondo, hanno causato 12,5 miliardi di dollari di perdita economica;
  • lo spear phishing come metodo di delivery preferito per i gruppi APT: il 71% dei gruppi di APT ha utilizzato lo spear phishing come vettore di infezione;
  • aumento degli allegati dannosi come vettore di attacco rispetto agli URL: Durante il 2017, i phisher hanno utilizzato il 28% in più di allegati dannosi rispetto agli URL. I tipi di file dannosi più comuni sono macro di Microsoft Office, file di archivio, file JavaScript, script di Visual Basic e documenti PDF.

Conclusioni

La presente rassegna delle metodologie di social engineering e human hacking computer based si intende finalizzata ad una descrizione topologica che, senza pretese di esaustività, può ragionevolmente essere utilizzata, nel contesto di un percorso formativo, come utile supporto all’apprendimento delle caratteristiche distintive dei diversi pattern di attacco, per fornire alle risorse umane (e ai responsabili di settore) gli strumenti necessari a riconoscerli e, di conseguenza, a reagire opportunamente, rispondendo con le relative contromisure.

  1. Matt WalkerCEH Certified Ethical Hacker All-in-One Exam Guide, McGraw-Hill Education, 4 edizione

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