Il cyber crime sposa i più attuali modelli di business, tra la fornitura di tecnologie “as-a-Service” e l’on demand. Il Crime as a Service non è un fenomeno nuovo, lo si osserva da oltre un lustro, è in forte evoluzione ed è diventato molto più organizzato da quando, nei primi anni del nuovo millennio, ha fatto le prove generali.
Il Dark web è una delle agorà virtuali in cui la domanda si concentra ma è il modo in cui l’offerta è articolata a essere particolarmente degno di attenzioni, si tratta di vere e proprie filiere dedite al cyber crimine, con profili orientati alla ricerca e allo sviluppo dei prodotti, altri profili dediti alla vendita di servizi e consulenze, altri ancora si occupano delle transazioni finanziarie e dell’amministrazione in toto, senza dimenticare una sorta di scouting per aprire le porte ai talenti più promettenti.
Una rete commerciale che si estende a tutto il mondo e che vive grazie alle collaborazioni di specialisti provenienti da ogni parte del globo. L’organizzazione ricalca sempre più quella di una multinazionale tradizionale.
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Il Crime as a Service
Nei primi anni del millennio sono nati i Carding forum, siti e portali mediante i quali acquistare numeri di carte di credito rubati. Ce ne sono ancora oggi, anche perché le tecniche di furto sono diventate più invasive ma, ciò che più assume un senso, è che hanno dato i natali al Crime as a Service (CaaS) perché hanno segnato una svolta: chi possedeva una capacità (quella di impossessarsi di numeri di carte di credito) non la usava in modo esclusivo ma la rivendeva a terzi.
In quest’ottica, si può dire che il CaaS abbatte le barriere di ingresso rendendo l’hacking possibile anche a chi non ha competenze evolute in materia, con tutto ciò che questo comporta. Gli hacker mettono a disposizione di chicchessia degli strumenti offensivi pronti all’uso, fornendo anche le istruzioni e il supporto per usarli al meglio.
Una necessità che rispecchia il modello di business più gettonato, tipicamente quello del pagamento di una quota per l’uso della tecnologia e una parte dei proventi che questa eventualmente genera come, per esempio, nel caso dei ransomware. Ci sono portali che non chiedono neppure un fee di ingresso e si accontentano di una parte del riscatto preteso dall’aggressore a cui hanno fornito la tecnologia (ed eventualmente il know-how) utile per sferrare l’attacco. Modelli di business evoluti e che richiamano le politiche di prezzo di quel mondo “as-a-Service” che fornisce servizi legali e prettamente orientati a un pubblico aziendale.
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Cosa si trova sul Dark web
Gli hacker mettono a disposizione di tutto un po’, a partire dalle botnet e dai software malevoli fino a tecnologie e metodi di hacking avanzate e aggiornate. Non mancano le consulenze per supportare i clienti all’uso di ciò che hanno noleggiato e, con un’immersione nella nostalgia della Rete che fu, si possono trovare anche credenziali di account compromessi. Tra le tecnologie e i servizi più diffusi si trovano:
- exploit kit
- phishing kit
- botnet
- servizi DDoS
- ransomware (tipicamente Ransomware-as-a-Service)
- strumenti per la penetrazione di reti private o per il superamento di servizi di sicurezza
- supporto a gruppi di cyber attivisti
- vendita di dati (informazioni di accesso, dati personali, numeri di carte di credito, eccetera).
Gioca un ruolo fondamentale l’assistenza tecnica, che viene fornita in diversi modi:
- aiutando i clienti nella configurazione dei tool
- spiegando loro come fare uso degli strumenti
- aggiornando i servizi ottimizzandoli a seconda delle vulnerabilità più suscettibili.
L’uso di criptovalute rallenta e rende più complesso l’intervento delle autorità e questo diventa un elemento che contribuisce al fiorire del CaaS.
I cyber criminali mettono a disposizione della clientela tecnologie di vario tipo, adattandole anche alle specifiche necessità della platea, formata tanto da persone senza competenze specifiche quanto da gruppi di hacker che vogliono sferrare attacchi mirati.