Le competenze digitali sono un irrinunciabile elemento di qualsiasi professione e di qualsiasi professionalità che debba restare al passo con i tempi. Lo stesso ex presidente del Consiglio Mario Draghi, nel suo rapporto sul futuro della competitività europea presentato a settembre alla presidente della Commissione europea a Bruxelles, ha parlato di “sfida esistenziale per l’Europa se non si arriverà ad una crescita tale da poter diventare, allo stesso tempo, leader nelle nuove tecnologie, faro della responsabilità climatica e attore indipendente sulla scena mondiale” chiarendo che se “non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale, dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni”.
Quindi la crescita si rende necessaria per “diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale”. L’aumento della sicurezza e la riduzione delle dipendenze è una delle tre aree di intervento suggerite per il cambio di passo radicale insieme a un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività ed alla necessità di colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate.
La ricetta per la crescita indicata da Draghi è composta da una lunga lista di raccomandazioni espresse nel Rapporto fra le quali spicca, tra le politiche orizzontali, la capacità di colmare il divario delle competenze: “La competitività dell’UE e il successo del modello economico europeo (omissis)… richiedono una forza lavoro dotata delle giuste conoscenze e competenze”. Nella vasta gamma di competenze necessarie, oggi più che in passato, Draghi sottolinea quelle digitali, legate alla capacità di innovare ed essere autonomi.
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Lo stato del mercato italiano sulle competenze
La fotografia del mercato italiano in tema di competenze la scatta il Consorzio per la Formazione e la Ricerca in Ingegneria Elettronica del Politecnico di Milano, meglio noto come CEFRIEL, nel suo white paper dal titolo “Sviluppare le competenze digitali per l’innovazione” pubblicato ad ottobre 2024.
Secondo lo studio, “il divario tra la domanda di competenze digitali e l’offerta disponibile sul mercato del lavoro italiano non solo rappresenta una sfida urgente, ma rischia di diventare un freno strutturale all’innovazione e alla crescita economica del Paese.
Le aziende, specialmente nei settori strategici come l’intelligenza artificiale, la cyber security e l’analisi dei dati, continuano a incontrare difficoltà crescenti nel reperire risorse qualificate. La risposta del sistema formativo a questa domanda pressante di competenze digitali si dimostra insoddisfacente. Ogni anno, l’Italia produce circa 280.000 laureati, ma solo il 24% di questi proviene da discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica)”.
Ovviamente questo disallineamento fra domanda e offerta è un vuoto di professionisti che frena lo sviluppo, la competitività, la qualità dei prodotti e servizi digitali e quindi si traduce in una minore capacità competitiva per le aziende del ‘Bel Paese’.
In Italia il divario che c’è tra chi ha accesso a internet e chi non ce l’ha, con un conseguente scarso livello di alfabetizzazione digitale è chiamato digital divide ed affligge 2,3 milioni di famiglie italiane equivalenti al 10% circa del totale della popolazione (Fonte Agenda digitale), mentre il tasso di popolazione che possiede competenze digitali di base e /o superiori, si assesta al 45% di popolazione fra i 16 e i 74 anni (white paper Cefriel).
In questo contesto il CEFRIEL sottolinea la difficoltà per le aziende italiane di reperire personale competente e trattenerlo. Ma sottolinea anche sia scarsità di risorse dovuta a pochi laureati STEM e alla contrazione demografica, sia le ambizioni delle nuove leve del lavoro che cercano di “allineare il contesto professionale alle proprie aspettative sin dall’inizio della carriera. Questo li rende più propensi a prendere decisioni radicali, come la resignation, il job hopping, o il quiet quitting, alla ricerca di un ambiente lavorativo che soddisfi meglio le loro esigenze”.
Ecco allora che la ricetta per le aziende secondo il Centro di Ricerca del Politecnico di Milano sta “nell’offrire percorsi formativi specialistici e certificati come elemento centrale della strategia di attraction, investendo nel life-long learning al fine di instaurare un patto di fiducia tra l’azienda e il professionista. Un patto costituito da impegno reciproco a dedicare tempo ed energie per mantenere le competenze sempre aggiornate, creando un legame più forte e duraturo”.
Il ruolo dei master
Fermo restando l’impegno collaborativo delle aziende su cui non sempre si può contare, la scelta di ogni persona che si approccia o già è immersa nel mondo del lavoro, sia esso una figura junior sia senior, può essere orientata verso l’upskilling o il reskilling mediante conseguimento di master. Nel primo caso si opta per un approfondimento verticale di materie già note, nel secondo caso invece si cambia completamente il set di competenze con un accrescimento aggiuntivo di materie.
Anche i manager spiega il CEFRIEL, devono adeguarsi al cambiamento e conoscere le nuove tecnologie in modo approfondito per essere in grado di prendere decisioni in tempi brevi su interventi o investimenti e per mantenere una visione d’insieme sulle opportunità di business nella trasformazione digitale.
I Master di secondo livello offrono appositamente dei percorsi di specializzazione spesso progettati ad hoc per i professionisti dell’innovazione con obiettivi formativi tematici diversi per orientare la professionalità verticalmente o per estenderla orizzontalmente. Fra gli skill digitali sono tre quelli che il CEFRIEL nel suo white paper suggerisce di approfondire: AI generativa, Cyber security e l’approccio Agile.
Nuove edizioni dei master nella cyber security
Nell’ambito della Cyber security la scelta di master e percorsi formativi, in Italia è vasta e di qualità sia presso le università pubbliche e private sia presso Enti terzi. La sezioni Corsi di Cybersecurity 360 riunisce tutte le risorse di approfondimento e le schede di master di primo e secondo livello come anche i corsi specialistici dedicati alla Sicurezza informatica.
In generale i master verticali trattano competenze basilari e sotto temi specialistici di cui la Cyber security si compone, ma sono presenti anche Master che integrano skill trasversali di completamento per un’efficacia di intervento nel mondo del lavoro.
Anno dopo anno alcuni master rinnovano la loro offerta e sono pubblicati i nuovi bandi a cui fare domanda. Qui sono indicati quattro master nazionali e un Corso del centro di competenza Cyber 4.0 che hanno rinnovato la loro edizione per il nuovo anno aprendo le iscrizioni.
Per chi voglia approfondire come si difendono dati e asset di una azienda è consigliabile rivolgersi a master più tecnici come quelli offerti dall’università La Sapienza dal titolo “Sicurezza delle informazioni e informazione strategica” e quello di Tor Vergata “Master II livello in Competenze digitali per la protezione dei dati, la cybersecurity e la privacy”.
Sul fronte dei manager invece, si deve poter avere non solo una esperienza tecnica ma è necessario acquisire anche una visione strategica, di governance e di gestione delle criticità. Ecco allora che si può scegliere fra il Master LUMSA, “Master I livello in Cybersecurity – Leadership, Management, Innovation” oppure il Master offerto dalla LUISS “Master II livello in Cybersecurity, Politiche pubbliche, normative e gestione”.
Se si cerca invece un percorso esperienziale e formativo insieme che sia “hands on”, ci si può rivolgere all’iniziativa del centro di competenza nazionale Cyber 4.0: il CyberX – Mind4Future.