La frequenza e l’impatto degli attacchi cyber alle imprese e agli enti pubblici stanno registrando da tempo un trend in forte crescita su scala globale, ulteriormente accelerato dalla “cyber war” legata all’instabilità geopolitica a cui stiamo assistendo.
La gravità di questo scenario è inoltre amplificata da una storica sottovalutazione, da parte delle aziende italiane, della necessità di adottare iniziative strutturali di prevenzione e gestione del rischio cyber, che ha impedito l’implementazione di misure di protezione adeguata.
Come conseguenza naturale di questa situazione, visto il profilo di rischio inadeguato delle aziende, le compagnie assicurative sono costrette ad attuare una rigorosa selezione delle richieste di copertura, intervenendo solo in presenza di organizzazioni dotate di requisiti minimi sempre più stringenti in termini di difese informatiche.
Approccio alla cyber security nelle compagnie assicurative: best practice ed errori da evitare
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Rischi cyber: l’importanza della pianificazione e della prevenzione
I risultati del rapporto Clusit 2022 restituiscono un’immagine piuttosto critica sul fronte della cyber security per l’Italia e l’Europa. Il rapporto ha registrato nell’ultimo anno un aumento degli attacchi informatici pari al 10% rispetto al periodo precedente, raggiungendo una media mensile di 171 attacchi, il valore più elevato mai registrato.
A rendere più preoccupante il quadro, tuttavia, è l’aumento della “severity” di tali aggressioni, ovvero l’effetto che sono in grado di generare sull’operatività dei propri bersagli.
Gli attacchi con un impatto valutato come “elevato” sono infatti stati pari al 79% dei totali; erano solo il 50% l’anno precedente. In altre parole, la crescita qualitativa delle aggressioni è forse ancor più preoccupante di quella quantitativa, vista la pervasività delle possibili conseguenze.
L’Europa rimane sicuramente una zona ad alto rischio, concentrando il 21% dei casi di cyber attacco, mentre nel 2020 rappresentavano il 16%. In Italia i settori più colpiti restano il finanziario/assicurativo e la pubblica amministrazione, che da soli rappresentano circa il 50% dei casi. Segue il settore industriale, che ormai pesa per il 18%, mentre nel 2020 si attestava al 7%.
A fronte di questo scenario, le imprese sono chiamate ad affrontare con urgenza tutte le aree legate alla gestione del rischio informatico. Per farlo in modo efficace, è necessario partire da un assunto fondamentale: di base, la sicurezza informatica è prima di tutto un problema organizzativo, più che tecnologico.
L’azienda deve quindi porsi principalmente due obiettivi, strettamente collegati: dotarsi dell’organizzazione e degli strumenti tecnologici minimi necessari a ridurre la possibilità che un attacco cyber si traduca in una business interruption estesa e trasferire il “rischio residuo”, cioè parte dei costi connessi a un incidente cyber, al mercato assicurativo.
Solo se le aziende che avranno predisposto un sistema protettivo di base “adeguato” al loro contesto potranno accedere efficacemente al sistema di protezione reso possibile da coperture assicurative evolute.
Rispetto al primo obiettivo, è fondamentale per l’impresa dotarsi di un sistema di gestione della sicurezza informatica che parta da un’analisi approfondita volta ad individuare vulnerabilità e criticità e a definire ed attuare un programma di miglioramenti che permetta di raggiungere una “postura” adeguata.
In secondo luogo, va organizzato un monitoraggio sia fisico (a difesa degli accessi ai luoghi e ai beni dove informazioni e dati sono custoditi) sia logico (a difesa degli accessi al “patrimonio informativo” dell’azienda, tra cui software, reti e applicazioni).
Infine, è necessario allocare risorse per migliorare una componente tradizionalmente sottovalutata, la cultura aziendale, facendo in modo che la consapevolezza sull’importanza del tema della sicurezza informatica sia il più possibile pervasiva.
Diventa fondamentale, quindi, sensibilizzare e istruire i dipendenti sull’utilizzo sicuro delle tecnologie, valorizzando il loro ruolo nel presidio della sicurezza cyber dell’azienda, visto il quotidiano accesso agli strumenti informatici.
È inoltre opportuno che le aziende si dotino di un piano di Disaster Recovery IT, cioè di una soluzione tecnologica e organizzativa che permetta di ripristinare i sistemi informatici principali in un sito alternativo – oggi anche nel Cloud – in tempi rapidi, in caso di un grave attacco informatico o di un evento catastrofale che abbia danneggiato il data center aziendale.
In questi casi, infatti, avere a disposizione un buon backup può non essere sufficiente.
Quali tutele offrono le assicurazioni
In questo contesto che ruolo possono avere le assicurazioni? Nonostante lo scenario descritto dal rapporto Clusit lasci presagire un’evoluzione preoccupante dei trend, la raccolta premi derivante dai rischi legati alla cyber sicurezza rappresenta ancora una quota residuale per le compagnie assicurative: anche a fronte di un aumento degli incidenti, la copertura tra le imprese è ancora scarsa, sebbene, a livello globale, la “Domanda” sia in crescita.
In generale, ad oggi, permane una generalizzata percezione di rischio basso, soprattutto lato PMI, con una media di aziende che decidono di assicurarsi ancora limitata, così come limitato è il numero di quelle che si apprestano almeno ad una valutazione della propria postura, così da determinare il livello di rischio attuale e definire gli opportuni interventi.
Nello specifico, le polizze cyber coprono i danni diretti (es. la perdita dei dati) e indiretti (business interruption, perdite di profitto, costi di recupero) nonché le responsabilità civili verso terzi (fornitori, clienti) dei quali l’assicurato detiene informazioni sensibili, critiche, commerciali, che costituiscono proprietà intellettuale o personale, “protette” ai termini delle relative leggi.
Inoltre, le polizze possono prevedere estensioni sempre più ampie come la “Computer Crime”, che copre la perdita finanziaria a seguito del furto di denaro o titoli per mezzo di un attacco da parte di terzi, il “Social Engineering Fraud” (SEF), che rimpiazza il valore dei fondi indebitamente trasferiti a seguito di divulgazione di informazioni o concessione di accesso a reti di dati ottenute con l’inganno, il “Voluntary Shutdown”, che copre il danno indiretto anche in caso di arresto volontario dei sistemi per motivazioni ragionevoli, e i danni all’hardware, a tutela dei dispositivi utilizzati per archiviare e processare i dati.
Importante sottolineare che, nelle dinamiche negoziali, ormai tutte le compagnie assicurative richiedono la compilazione di dettagliati questionari per valutare la sicurezza IT dei sistemi aziendali, con risultati che rivelano spesso livelli insufficienti.
Oggi, le compagnie richiedono che le aziende abbiano attuato misure difensive come la segregazione della rete, l’adozione di tecnologie di autenticazione multifattoriale (MFA) per accedere ai sistemi aziendali, la presenza di backup off line o in cloud sicuri, l’esecuzione di regolari Vulnerability Assessment, la formazione regolare degli utenti, soprattutto sul phishing) e l’implementazione di una procedura per la gestione degli incidenti cyber e di un piano di Disaster Recovery.
Si tratta di richieste comprensibili e ragionevoli, dopo tutto, ma molte aziende non le hanno ancora attuate. Per questo motivo, in un mercato assicurativo ancora “giovane”, con un numero piuttosto limitato di Compagnie che coprono il rischio cyber, molti operatori decidono di non assumere il rischio.
La situazione assicurativa attuale si può quindi definire di “hard market”, con premi assicurativi in aumento, capacità assuntiva ridotta, tempi di quotazione più lunghi e una maggiore difficoltà ad assicurare tutti i rischi. Per le realtà che hanno necessità di massimali ampi è frequente la necessità di frazionare il rischio su più assicuratori.
In un simile scenario, il ruolo del broker e consulente assicurativo diventa fondamentale per ottenere garanzie più complete, costi competitivi, ma, soprattutto, per poter presentare al meglio il rischio al mercato assicurativo e supportare l’impresa suggerendo, già in fase di analisi, le migliorie tecniche da implementare per rendere il sistema IT più maturo e quindi “assicurabile”.
Ma non dimentichiamo che gli incidenti possono sempre accadere, e la presenza di un broker evoluto, che sia in grado di assistere e consigliare l’azienda anche nella gestione del sinistro può fare la differenza anche in termini di efficacia nell’utilizzo delle coperture assicurative.
È perciò necessario un profondo cambiamento culturale da parte delle imprese italiane rispetto al tema della sicurezza cyber, attuando una strategia preventiva di risk management per mitigare l’esposizione al rischio, efficaci procedure di ripristino dei sistemi per ridurre al minimo l’impatto di un attacco sulla produttività dell’impresa e, infine, sottoscrivendo una polizza cyber per proteggere gli asset finanziari ed economici attraverso il trasferimento del rischio residuo al mercato assicurativo.