Le infrastrutture iperconvergenti non sono una recente innovazione tecnologica: nate da circa un decennio hanno gradualmente acquisito importanza per i vantaggi che apportano. Rispetto alle complessità di gestione e organizzazione degli ambienti IT e considerando le criticità economiche dovute alla pandemia o le difficoltà delle dotazioni per garantire lo smart working, possono fornire un valido contributo sia negli ambienti corporate sia per le PMI.
Inoltre, nell’ottica dell’erogazione dei servizi gestiti alle imprese possono costituire un valido alleato per gli MSP (Managed Service Provider) e le loro esigenze.
Dunque, i CIO sul fronte aziendale e i Managed Service Provider sono rispettivamente chiamati a confrontarsi e vincere sfide importanti sul fronte della digitalizzazione con ricadute altrettanto significative per i rispettivi e diversi obiettivi.
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Le complessità dell’IT e l’introduzione dell’iperconvergenza
Già nel 2018 il problema e la complessità dell’IT sull’iperconvergenza era particolarmente sentito, come dimostra il sondaggio globale condotto da Vanson Bourne per conto di Dynatrace. Già allora, dalla survey, emergeva un dato significativo: il 76% delle organizzazioni considerava le complessità dell’IT come ostacolo tangibile alla gestione efficiente delle prestazioni digitali e di fatto, alla digital transformation.
Il problema principale, emerso dal sondaggio, risiedeva nelle differenti tecnologie per gestire gli ambienti IT in modo efficace ed efficiente, sia in termini di “economics”, sia in termini di competenze del personale. In particolare, i criteri della trasformazione digitale impongono:
- velocità nell’approvvigionamento dell’infrastruttura prescelta;
- velocità di adattamento al cambiamento;
- modelli di business pay-as-you-grow;
- scalabilità;
- performance;
- garanzia di sicurezza informatica;
- semplicità nella gestione.
La sfida posta dalla trasformazione digitale, in termini di costi e tempi di realizzazione, è resa assai impegnativa in caso di infrastruttura di tipo legacy, con silos di risorse e di competenze specifiche necessarie, legate alla virtualizzazione, ai server, agli switch, allo storage, alle corrispondenti complessità nelle configurazioni e date dall’interoperabilità delle componenti ed in considerazione anche dei rispettivi tempi di fornitura.
Le infrastrutture iperconvergenti sono nate per risolvere queste problematiche: partendo dal 2015, dalle tecnologie disponibili in quel momento (in termini di virtualizzazione) con casi d’uso specifici, sono gradualmente evolute raggiungendo oggi risultati e performance vantaggiose per le aziende di ogni ordine e grado.
Gartner definisce le infrastrutture iperconvergenti come software capaci di garantire capacità di elaborazione, archiviazione, networking e gestione associata da un’unica istanza eseguita sull’hardware del server.
Di fatto si tratta di componenti hardware estremamente modulari, nella maggior parte dei casi poco diversi dai normali server x86 con storage integrato e connessi da collegamenti Ethernet ad alta velocità (10-40 Gbps).
La caratterizzazione dell’architettura si deve al layer software grazie al quale le risorse di computing e storage di ogni nodo sono combinate in un pool unico e messe a disposizione per qualsiasi operazione da svolgere.
I vantaggi del ricorso a una soluzione iperconvergente
Fra i vantaggi indiscussi vi sono l’elasticità e la scalabilità automaticamente garantite dagli ambienti di virtualizzazione che, al bisogno, rendono disponibili le risorse di elaborazione e di storage a qualsiasi macchina virtuale sia eseguita sui vari nodi.
Quando la potenza di elaborazione del sistema non è più sufficiente o manca spazio storage, si aggiunge un nodo all’infrastruttura e le sue risorse si uniscono al pool complessivo.
Altri vantaggi significativi riguardano:
- semplicità negli aggiornamenti;
- virtualizzazione dell’hardware mediante soluzione “software defined” che immediatamente abbatte i costi operativi, di esercizio e di fornitura iniziale;
- tempi di installazione che sono velocizzati grazie alla presenza di wizard per il completamento dell’installazione in tempi rapidi;
- riduzione della complessità rispetto alle tipologie di server e appliance da adottare;
- semplicità di gestione grazie a un’unica console/interfaccia di gestione per l’intero sistema fruibile anche da parte di non esperti.
Alcuni vendor introducono nelle infrastrutture iperconvergenti anche sistemi embedded di backup e disaster recovery, garantendo il miglioramento della protezione dati e il minimo rischio di perdita dei dati. Ciò avviene grazie all’incorporazione di tecnologie di rilevamento della corruzione dei dati e self-healing che agiscono durante l’operatività standard e nelle fasi di backup automatizzato.
Anche i tempi di ripristino sono più veloci grazie ai backup integrati con elementi di configurazione che sono replicati immediatamente e automaticamente durante il ripristino.
Le tipologie di benefici fin qui elencati rendono vantaggioso il ricorso delle infrastrutture iperconvergenti anche per i Managed Server Provider (MSP) che, dovendo erogare servizi alle imprese e mantenere SLA operativi e di sicurezza, hanno bisogno di scalabilità, semplicità e costi contenuti, ma anche di ambienti IT affidabili e sicuri.
Per questo tipo di attori di mercato, gli errori e gli incidenti informatici devono essere ridotti alla minima percentuale possibile e quindi il ricorso a dotazione robuste, facilmente organizzabili in strutture ridondate con altrettanta semplicità di replica, backup e ripristino è cruciale.
L’esempio di infrastrutture iperconvergenti
Fra i vari vendor di mercato, un esempio di soluzione iperconvergente, “all-in-one” è quella proposta da Syneto che ha rilasciato il modello HYPERSeries progettato per le aziende PMI (Piccole e medie imprese) o chiamate anche SMB (Small and Medium Business).
Syneto in questa serie ha introdotto backup locali istantanei e meccanismi di protezione dati attivi 24/7 mediante tecnologie di self-healing e di analisi della corruzione dei dati.
Sono presenti funzionalità automatiche integrate di disaster recovery che garantiscono RTO (Recovery Time Objective) di 15 minuti e RPO (Recovery Point Objective) di 1 minuto. In sostanza, adottando l’appliance DR (Disaster Recovery) iperconvergente secondaria è possibile riavviare l’intera infrastruttura IT in caso di emergenza in tempi brevi e certi.
Diversamente dalle soluzioni iperconvergenti nate per le corporate, la soluzione supporta le SMB e gli uffici remoti grazie a funzionalità di condivisione nativa dei file secondo protocolli NFS, CIFS e AFP senza il bisogno di ulteriori hardware o di software aggiuntivo.
Infine, nell’ottica di miglioramento delle prestazioni delle applicazioni nei modelli HYPERSeries, è stato introdotto l’Hybrid2 (Doppio-ibrido), che consente di adottare un pool di dischi all-flash per applicazioni aziendali più importanti e critiche, oltre a un pool ibrido per le macchine virtuali a supporto delle applicazioni meno esigenti.
Le caratteristiche della famiglia HYPERSeries si prestano per l’adozione in ambienti aziendali, semplificando l’operatività dei professionisti IT che spesso nelle PMI non sono così specializzati, ma sono anche idonee a costruire architetture più composite finalizzate all’erogazione di servizi Managed da parte di MSP.
Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Questar