Secondo il report pubblicato recentemente da Aruba è arrivato il momento per il settore retail di impiegare sempre più la tecnologia. Ciò ovviamente implica investimenti a lungo termine per raggiungere gli obiettivi essenziali di una migliore “customer experience”.
Non è più il cliente che cerca il prodotto, bensì sono i prodotti a trovare i clienti attraverso:
- l’identificazione dei clienti attivi e passivi;
- il monitoraggio in tempo reale del consumatore;
- il passaggio da una logica di canale ad una di interfaccia;
- un servizio proattivo in grado di individuare i problemi e risolverli prima che il cliente chieda aiuto.
Tutto questo grazie a:
- maggiore impiego della tecnologia al fine di essere competitivi e contrastare la concorrenza;
- personale dotato di strumenti digitali connessi che permettano di erogare a ciascun cliente servizi maggiormente personalizzati;
- insight più approfonditi su magazzino e assortimento in quanto i clienti si aspettano che i retailer offrano loro gli articoli che desiderano, quando li desiderano e dove li desiderano;
- unione tra fisico e digitale che richiederà l’abbattimento delle divisioni e delle strutture che attualmente esistono nelle organizzazioni retail affinché i sistemi interni possano fondersi in modo trasparente e funzionare insieme per fornire le esperienze personalizzate che, oggi più che mai, i clienti si aspettano;
- investimenti importanti, sia in termini di sistemi sia di persone, individuando nuovi metodi per misurare il successo e valorizzare risultati sia nel breve sia nel lungo termine.
Indice degli argomenti
Retail e tecnologia: più consapevolezza delle vulnerabilità
Emerge sempre più la consapevolezza delle vulnerabilità connesse all’IoT ed i problemi legati alla protezione dell’ingente quantità di dati che è possibile raccogliere collegando ogni dispositivo alla rete, soprattutto a fronte dell’entrata in vigore, oramai da un anno, del GDPR.
La convergenza tra online e offline sta mettendo a dura prova il settore retail in quanto si sta attuando un vero e proprio cambiamento epocale.
Numerose sono le tecnologie disponibili sul mercato; basti pensare a piattaforme che consentono ai retailer di gestire tutta la catena di valore del “customer journey”, dalla definizione della campagna marketing fino all’analisi del “sentiment” online degli acquirenti.
Trattasi di soluzioni in grado di migliorare l’esperienza d’acquisto, coinvolgendo maggiormente i clienti e creando per gli operatori dei comparti retail nuove opportunità di ricavo.
Piattaforme di nuova generazione che permettono di coordinare il flusso di informazione tra cliente e retail advisor, forniscono informazioni in modalità multi-device.
Inoltre vengono gestite le diverse modalità d’acquisto, online o in negozio; le operazioni di cassa vengono rese maggiormente snelle e si possono gestire anche le fasi conclusive dell’esperienza d’acquisto, i.e. la gestione della consegna del prodotto, che può essere inviato a casa o ritirato presso il punto vendita.
Oltre a queste operazioni, è possibile averne altre, che forniscono un’analisi del sentiment post-vendita, andando a monitorare online il feedback dei clienti, in modo da raccogliere importanti insight in grado di rendere più efficace il processo d’acquisto.
Sempre più diffuso è l’impiego di tecnologie RFID (Radio Frequency Identification), i.e. sistemi intelligenti e connessi per la marcatura e la tracciabilità dei lotti produttivi e/o dei singoli prodotti.
Attraverso l’impiego del tag RFID si ha:
- la tracciabilità e la protezione delle diverse componenti e dei prodotti;
- il monitoraggio in modo capillare e in tempo reale degli stock, evitando lo spreco, le vendite perse a causa di prodotti non più disponibili in inventario;
- la possibilità di offrire al cliente una vera e propria esperienza d’acquisto, strutturata e organizzata secondo le sue effettive necessità, e con una strategia di tipo multicanale, in linea con quella attuata anche lato marketing, e che rispecchi le attuali abitudini di acquisto dei consumatori.
Inoltre ci sono aziende sul mercato che sono in grado di fornire soluzioni end-to-end che permettono ai retailer di:
- ottenere una migliore accuratezza dell’inventario, in tempo reale;
- velocizzare il ciclo di rifornimento delle scorte;
- prevenire i casi di disassortimento;
- ridurre i furti;
garantendo in questo modo la disponibilità della merce sugli scaffali e migliorando l’esperienza del cliente.
Retail e tecnologia: continuità operativa e gestione dei rischi
In questo scenario non si può prescindere dalla continuità operativa e dalla gestione dei rischi in quanto la posta in gioco è aumentata.
Bisogna tenere ben a mente che i consumatori si aspettano velocità, affidabilità, chiarezza reattività e accesso attraverso canali diversi. Essi vogliono reagire con i brand quando, dove e come vogliono.
Questo implica adottare sistemi in grado di agevolare le interazioni con gli operatori umani, rendendole più veloci ed efficaci. Sistemi automatizzati sempre più performanti, soluzioni computerizzate in grado di avvicinarsi il più possibile alle esigenze del cliente.
Sono i clienti che decidono il proprio “customer journey”, vogliono informazioni dettagliate ed essere sicuri di aver fatto un buon acquisto, che l’articolo acquistato si adatti perfettamente alle loro aspettative e stili di vita.
Dunque il processo di acquisto online ed offline deve essere garantito da:
- semplicità della transazione;
- immediatezza del servizio;
- disponibilità di recensioni relative al prodotto;
- rapidità nella consegna;
e di conseguenza, per non disattendere le aspettative, è necessario analizzare i dati raccolti e fare in modo che non optino per altri concorrenti, ricordandosi che le sfide maggiori in caso di acquisti online sono:
- sito web incompleto;
- difficoltà a visualizzare il prodotto durante acquisto online;
- logistica di consegna non soddisfacente e in tempi sempre più ridotti;
- prodotti insoddisfacenti;
- nessun punto vendita nelle vicinanze;
- non avere possibilità di parlare con qualcuno o contattare l’azienda quando necessario.
L’optimum consiste, sempre più, nell’offrire una “customer experience” online e offline customizzata, utilizzando i dati per migliorare l’interazione con il cliente e dispositivi tecnologici in grado di riconoscere rapidamente il cliente, rispondere proattivamente (i.e. chabot come Siri di Apple, Google Assistant e Alexa di Amazon) in modo da soddisfare le aspettative.
Nonostante la crescita di acquisti online, in Italia, il negozio fisico costituisce una parte importante della “customer experience”, permanendo la necessità di toccare i prodotti, verificarne la qualità, risolvere un’esigenza immediata o acquistare un oggetto esclusivo.
Il negozio, dunque, non scomparirà, ma dovrà convertirsi in qualcosa di altamente “sensoriale/esperienziale”. Inoltre, grazie alla raccolta di informazioni più estese e complete sui clienti mediante rete Wi-Fi, sensori e videocamere, si intercettano info sui clienti che entrano, si tracciano i loro percorsi nei punti vendita.
Con l’AI si identificano sesso, età ed etnia del cliente, lo si segue davanti agli scaffali e si registrano tipologia di acquisti e cosa si ferma a guardare riducendo in questo modo il gap informativo tra mondo digitale e mondo fisico.
Totem, palmari e tablet utilizzati dal personale del punto vendita e dai clienti oltre a touch point riducono ulteriormente le distanze creando una sorta di “scaffale infinito” a disposizione di chi si trova nei punti vendita. Inoltre sistemi innovativi per l’accettazione dei pagamenti e casse evolute e Mobile Pos riducono i tempi di check-out del punto vendita.
Le principali tendenze tecnologiche 2019 del settore Retail saranno costituite da:
- Esperienze Instore & Online attraverso l’implementazione di servizio “BUY ONLINE, PICK UP IN-STORE” (BOPIS) che permette alle aziende del settore Retail di ampliare i propri servizi di consegna e creare una connessione fisica spingendo i clienti ad entrare nei propri negozi fisici e nel mentre offrire loro offerte.
- Augmented Reality (AR), utilizzando soprattutto mobile apps e Virtual Reality (VR) utilizzate soprattutto all’interno del punto vendita e per esperienze di shopping omnichannel. Wallmart ha introdotto recentemente un AR in-app scanner che permette ai clienti di scannerizzare interi scaffali e codici a barre di prodotti in grado di velocizzare il processo di pagamento.
- Internet of Things (IoT) permetterà check-out automatizzati e punti vendita senza casse grazie alla lettura automatizzata dei tag che scalerà il costo degli articoli.
- Beacons che permettono di localizzare gli smartphone e notificare la loro presenza in prossimità di altre strumentazioni. Ogni dato dello smartphone del cliente all’interno del punto vendita viene trasmesso. Si possono fare pagamenti tramite lo smartphone, ricevere promozioni personalizzate, offerte in termini di scontistiche e servizi. I dati del cliente risultano sempre più preziosi in termini di organizzazione del personale e del punto vendita oltre ad influenzare il cliente e garantire una customer experience sempre più personalizzata attraverso analytics in tempo reale e di tipo predittivo.
Misure di prevenzione per gestire i rischi
Per attuare questo mutamento altamente tecnologico è necessario implementare misure di prevenzione in modo da gestire al meglio i rischi connessi all’impiego così spinto della tecnologia, che impatta su tutta la filiera del retail, e garantire una resilienza a 360°.
L’implementazione di un piano di Business Continuity & Risk Management, atto a garantire la resilienza nel settore retail mediante la BIA (Business Impact Analysis) e Risk Assessment dovrebbe verificare la messa a punto di misure di contrasto tra le quali, ad esempio, l’esistenza di:
- connessione costante (anche sotto forma di wireless internet) oltre che un segnale forte ed una banda larga sufficiente per mitigare i rischi di interruzione e vanificare le fasi dell’acquisto online ed offline;
- UPS (Uniterruptible Power Supply), i.e. dispositivi a batteria capaci di assicurare una alimentazione elettrica supplementare e di riserva in caso di blackout o disservizi della rete elettrica;
- piani di Disaster Recovery per contrastare possibili interruzioni dei sistemi ICT dovuti ad attacchi cyber a fronte della diffusione dell’IoT, AI e dell’attività on-line del settore retail. La supply chain e logistica 4.0 possono essere pesantemente colpite; pertanto, i piani di Disaster Recovery – come parte del piano di Business Continuity- aiutano a:
- gestire la dipendenza da systemi ICT per processi e l’interfaccia con i vari fornitori e relativa gestione logistica;
- gestire l’attività online e omni-channel sempre più pervasiva, sia per l’acquisto sia per esprimere il gradimento dei servizi ricevuti;
- piani di cyber security per garantire la sicurezza dei data lake ed essere conformi alle normative vigenti (i.e. GDPR) mediante l’utilizzo di sistemi di configurazione ed autenticazioni sicure. Essenziale un adeguato training del personale in termini di cyber security;
- polizze assicurative ad hoc (ma solo dopo aver effettuato un assessment delle misure intraprese per contrastare il rischio ed identificare le coperture più idonee e ottenere riduzioni dei premi);
- piani vs. interruzioni nella supply chain/logistica che per la loro complessa struttura necessitano:
- identificazione di più fornitori e informazioni sulle loro interdipendenze, chiedendo loro di dimostrare la messa a punto di piani di Business Continuity e Risk Management al fine di far fronte a qualsiasi interruzione, incidente, emergenza per gestire al meglio la supply chain e la logistica 4.0 e dimostrare la loro capacità di ripresa e sicurezza;
- organizzazione di stock sufficienti;
- identificazione, in previsione di sciopero di trasporti su ruote, delle modalità logistiche alternative;
- progettazione dei punti vendita attraverso risk assessment per una security fisica e digitale per contrastare eventi criminosi nel rispetto del GDPR in grado di mettere a disposizione del cliente una rete di servizi di sicurezza dei dati e di sicurezza fisica;
- piano di gestione di richiamo dei prodotti per rischio contaminazioni o prodotti difettosi che può generare un impatto reputazionale e comportare una gestione logistica a volte complessa su scala nazionale ed investimenti considerevoli in termini finanziari e di personale;
- piani di comunicazione per gestire i rischi reputazionali scaturiti dal diffuso utilizzo dei social media e dalla rapidità dell’interazione che lo caratterizzano. Tali piani devono essere preventivamente strutturati ed attivati prontamente per contrastare commenti negativi, in quanto a volte la situazione può diventare ingestibile. Inoltre è necessario identificare un portavoce autorevole, possibilmente con esperienza radicata nel settore;
- piani di formazione del personale e sviluppo di una cultura digitale unitamente a test dei vari piani di disaster recovery, cyber security ecc.
Conclusioni
Solo attraverso un approccio olistico, sin dalla fase di progettazione e di programmazione delle attività di business del settore retail, si riusciranno a gestire al meglio le nuove sfide che le applicazioni tecnologiche comportano e riuscire a “navigare” in questo settore in continua evoluzione.
In ogni caso, va tenuto presente che un piano di Business Continuity non è approcciabile solo dalle aziende di élite (tenendo conto, anzi, che più piccola è la dimensione del soggetto più facili sono i rischi, per la naturale basilarità delle attrezzature) e che, comunque, un intervento per assicurarsi la Business Continuity:
- non è mai definitivo;
- non può essere studiato e sviluppato in maniera empirica e volontaristica, ma va condotto attraverso precise professionalità, che non è né difficile né particolarmente oneroso procurarsi.