È utile proporre un modello di riferimento per la sicurezza in un ente, che sia un’azienda o una Pubblica Amministrazione, basato su tre livelli.
Il primo partendo dall’alto, che è quello che analizzeremo estensivamente nell’articolo, è quello delle linee guida della sicurezza in azienda le quali sono espresse come una lista di dieci principi, seguendo l’esempio di standard internazionali come “Generally Accepted Information Security Principles (GAISP) Version 3.0.” del 2004 emanato da Information Systems Security Association (ISSA) o delle Linee guida dell’OCSE sulla sicurezza dei sistemi e delle reti d’informazione del 2002. L’obiettivo di questi principi è quello di essere facilmente comprensibili e memorizzabili.
Il secondo livello è occupato dalle misure di sicurezza, di cui ad esempio le misure minime per le PP.AA. emanate da AGID o i 114 controlli di ISO 27001 costituiscono un sottoinsieme.
Il terzo livello è invece quello delle regole tecniche, cioè dell’implementazione concreta delle misure di sicurezza.
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Sicurezza in azienda: dalla teoria alla pratica
Insieme, i tre livelli rispondono rispettivamente alle domande “Perché?”, “Cosa?” e “Come?” nel senso che il primo livello deve fornire le motivazioni o la Vision, il secondo deve indicare le contromisure da implementare che siano diretta emanazione dei principi, e il terzo è l’applicazione diretta e concreta alla realtà di tutti i giorni.
Sulla base di quanto appena detto, i tre livelli procedono nel senso di volatilità crescente perché, mentre le linee guida sono pensate per essere il più immutabili possibile, così non è per le misure né tantomeno per le regole tecniche le quali sono legate a uno specifico contesto tecnologico, normativo, economico e sociale e, come tale, più rapidamente variabili.
Per fare un esempio concreto, la richiesta di “garantire l’integrità di un documento digitale trattato da un’ente” si può tradurre nella misura “utilizzo di un’opportuna funzione di hashing” che viene implementata a livello tecnico con una funzione “MD5”.
D’altra parte, con il progredire della capacità di calcolo dei personal computer, la funzione MD5 può diventare obsoleta e insufficiente e può essere necessario sostituirla con una funzione più robusta come SHA256.
In futuro, può darsi che venga trovato un meccanismo diverso dal calcolo dell’hash. A fronte di questi cambiamenti, rimarrà comunque inalterata la motivazione originaria di garanzia dell’integrità.
I dieci principi della sicurezza in azienda
Analizziamo ora nel dettaglio la lista dei dieci principi fondamentale per la sicurezza in azienda.
Principio di inventario
Questo principio si potrebbe riassumere nella massima “conosci te stesso”, intendendo con ciò che si deve sapere (e documentare) quali sono i propri asset, cioè quegli enti (persone, immobili, software, hardware, servizi, processi, competenze, dati, archivi ecc.) dove si trova il valore, inteso non solo in senso economico, della propria organizzazione.
Oltre a questo, è importante conoscere, dal punto di vista della sicurezza, quali sono le minacce a questi asset, quali le vulnerabilità e quali i rischi a cui si è sottoposti. Infine, conoscere gli asset vuol dire anche conoscerne le configurazioni.
Principio di attribuzione
Questo principio si riassume nella frase “conosci chi fa cosa e cosa fa cosa, ha fatto o farà”.
Dal punto di vista organizzativo, questo vuol dire attribuire responsabilità chiare ai ruoli coinvolti in un processo.
Dal punto di vista tecnologico, bisogna gestire il logging e il monitoring degli eventi, in particolare quelli riferiti alla sicurezza.
Dal punto di vista logico, vuol dire gestire le autorizzazioni in modo corretto ma anche gestire i flussi di dati (cosa va a chi) e gestire le operazioni sui dati (chi li crea, chi li legge, chi li modifica e chi li elimina).
Principio della pervasività
Questo principio può essere espresso con la frase “La sicurezza deve essere come un abito”. Bisogna porsi nella situazione in cui la sicurezza è pervasiva nella propria organizzazione.
Dal punto di vista applicativo, vuol dire sviluppare codice in modo sicuro secondo il paradigma SD3 (Secure by Design, Secure by Default, Secure by Deploy).
Dal punto di vista organizzativo, nei progetti è sempre presente una persona con competenze di sicurezza per analizzarne gli aspetti relativi.
Dal punto di vista logico, si usano metodologie, standard e best practice, si sviluppano policy e ci si accerta che vengano seguite, si fanno audit regolari e così via. L’obiettivo finale è che la sicurezza sia il più trasparente possibile agli utenti, cioè questi siano così ben formati (security awareness) che pensare e agire seguendo le best practice della sicurezza diventi automatico.
Principio della ridondanza
Questo principio esprime che “tutto ciò che ha valore per un’organizzazione deve avere una copia o un possibile sostituto”.
Dal punto di vista fisico, questo si traduce in infrastrutture di rete ridondate, RAID 5 per gli hard disk, utilizzo di backup regolari, server in load balancing o in cluster, locale o geografico, e più in generale assenza di Single Point of Failure.
Dal punto di vista organizzativo, invece, non ci devono essere uffici gestiti da una sola persona, competenze possedute solo da una persona e così via.
Dal punto di vista logico, occorre utilizzare, laddove possibile, l’autenticazione a più fattori invece che uno soltanto, inoltre, l’utente deve poter accedere a un servizio tramite più canali (ad esempio: sportello, web, mobile).
Principio del minimo
Una frase che riassume questo principio potrebbe essere “Con il poco si gode, con il molto si tribola”. A prima vista, questo principio sembra antitetico rispetto al precedente ma si chiarisce subito pensando che mentre gli asset, cioè le cose importanti, devono essere ridondate, il contrario deve valere su tutto ciò che non è importante.
Dal punto di vista della sicurezza ciò si traduce nella minimizzazione della superficie di attacco, ad esempio installando sulle periferiche solo i servizi strettamente necessari.
Dal punto di vista logico, bisogna fare review periodiche per accertarsi che tutto ciò che non serve più (come ad esempio vecchie utenze ancora presenti) sia eliminato, le autorizzazioni devono seguire i criteri del minimo privilegio e del need to know.
Dal punto di vista organizzativo, si dovrebbero evitare procedure non necessarie, i processi dovrebbero essere semplificati, le catene di comando accorciate e così via.
Principio del miglioramento continuo
Questo principio si traduce nella constatazione che “si può e si deve sempre fare di meglio” ed è anche un riflesso del fatto che il mondo evolve e non dobbiamo rischiare di rimanere indietro.
Di fatto, è un invito a cavalcare il cambiamento, prevedendolo, facendolo proprio e non facendosi sorprendere.
Dal punto di vista della sicurezza logica, questo ribadisce l’importanza di fare assessment con continuità, allo scopo di capire dove si è e dove si potrebbe andare.
Inoltre, è importante che ci sia apprendimento continuo da parte dei dipendenti e, in particolare, di chi è coinvolto nella gestione della sicurezza. Bisogna tenersi sempre al corrente delle novità in campo tecnologico, normativo, di sicurezza e via dicendo. La gestione dei rischi deve essere tenuta aggiornata sempre.
Principio dell’automatizzazione
Questo principio può essere espresso in forme diverse. Da una parte, è un invito a cercare di ridurre il più possibile le attività manuali, limitandole soltanto alle fasi più creative dei progetti e dei processi.
In questo caso, il vantaggio è un uso ottimale di risorse “pregiate” come il cervello umano ma anche una accresciuta trasparenza e velocità durante l’esecuzione e il fatto che il lavoro diventa sempre più prevedibile e sempre meno fatto in condizioni di emergenza.
Alla base di una buona automatizzazione c’è la consapevolezza e la documentazione di ciò che si fa e di come lo si fa (e qui torniamo al principio di inventario).
Dall’altra parte, dato che non si può gestire ciò che non si può misurare, un ulteriore aspetto importante è l’uso estensivo di misuratori obiettivi per conoscere lo stato di avanzamento dei processi e l’efficienza e l’efficacia con cui essi utilizzano le risorse e raggiungono i propri obiettivi.
Fare della buona automatizzazione, inoltre, comporta la gestione del divario digitale nell’uso delle tecnologie, la formazione degli utenti, l’uso delle best practice sull’usabilità e accessibilità delle interfacce uomo-macchina e l’utilizzo di standard architetturali nel disegno delle interfacce macchina-macchina.
Principio della temporalità
Questo principio invita a lavorare per priorità e a garantire risposte tempestive ai problemi di sicurezza (ad esempio installando le patch prima possibile) oltre che a impostare un sistema automatico di allarmi che intervenga tutte le volte che si verifichi una condizione di potenziale violazione di sicurezza.
Inoltre, l’organizzazione deve essere in grado di correlare eventi che avvengono in momenti e in punti diversi della rete.
Una delle conseguenze di questo principio è anche la capacità di pianificazione delle azioni e dei processi e dei progetti in generale e nella comprensione di quali attività possono essere svolte in serie, perché ognuna di esse sfrutta parte dell’output di quelle che la precedono, oppure in parallelo, portando così alla velocizzazione complessiva.
Da un punto di vista pratico, gestire la tempistica vuol dire anche avere la percezione corretta di dove ci sono potenziali colli di bottiglia che rallentano e bloccano l’esecuzione dei processi portando a ritardi, a condizioni di errore e al lavoro in emergenza.
Principio della diversità
Anche in questo caso siamo in presenza di un principio che ha molteplici sfaccettature. Nella fase di elicitazione dei requisiti di sicurezza, occorre prendere in considerazione quelli espressi da tutti gli stakeholder e, successivamente, risolvere eventuali conflitti tra di essi.
Inoltre, sia in fase di progettazione che facendo l’assessment di un sistema, è consigliabile cercare sempre di assumere il punto di vista di un potenziale attaccante e cercare di pensare in modo “diverso” e creativo e cioè come sia possibile bucare le proprie protezioni.
Nella scelta di soluzioni di sicurezza può essere vincente utilizzare prodotti di nicchia, pur con le dovute attenzioni.
Inoltre, se l’infrastruttura di sicurezza prevede più livelli, è consigliato utilizzare soluzioni eterogenee tra un livello e l’altro (ad esempio firewall di marca diversa) in modo che l’attaccante non possa sfruttare un’unica vulnerabilità e comunque raggiunga l’obiettivo con più difficoltà e lasciando più tracce.
Questo principio ha anche una valenza culturale di rispetto e di promozione delle diversità: avere un team i cui partecipanti hanno pensieri, personalità e competenze diverse aiuta.
Ricordiamoci che un approccio corretto alla sicurezza in azienda richiede l’apertura alle critiche.
Principio della separazione
Uno dei paradigmi chiave della sicurezza in azienda è quello della Separation of duties, che consiste nel far sì che, per completare un’attività, sia richiesta più di una persona, in modo da prevenire la possibilità di frode o errore.
Tale ad esempio è, nella Costituzione italiana, la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario oppure il fatto che, per far partire un missile nucleare, due persone diverse devono far girare due chiavi separate in un cruscotto.
Inoltre, questo principio si manifesta nel creare ambiente fisici o virtuali che siano separati il più possibile gli uni dagli altri, in particolare se hanno esigenze di sicurezza diverse.
Dal punto di vista logico, è consigliato segmentare la rete in Virtual LAN, separate da firewall, o anche creare profili di autorizzazione diversi per le varie operazioni di gestione oppure ancora, quando si deve trasmettere una password a un utente remoto, dividerla in due parti e trametterle su due canali separati.
Dal punto di vista fisico, è consigliato confinare gli apparati sensibili in ambiti appositi, opportunamente protetti da accessi abusivi.